Simone Biles e la periferia dell’animo umano

da FB/Silvia Sanchini.

Quante lezioni abbiamo da apprendere da Simone Biles.
Il suo ritiro dalle Olimpiadi di Tokyo ha una portata culturale e sociale dirompente. La più forte ginnasta della storia non lascia la competizione per un infortunio fisico, ma per prendersi cura della sua salute mentale.

E la sua scelta divide in due il mondo, tra chi applaude al suo coraggio e chi invece la condanna per la sua presunta fragilità. Simone Biles è cresciuta in affido presso i suoi nonni. La mamma, tossicodipendente, da bimba la lasciava anche giorni interi senza mangiare. Giovane donna ha subito ancora una volta traumi e violenze da parte di un uomo che ha più volte abusato di lei. Simone ha collezionato ori olimpici e medaglie battendo ogni record. In America ha creato progetti per garantire istruzione e sostegno a bambini e ragazzi come lei.

Ma questa volta non vincerà un’altra medaglia d’oro. Perché i suoi demoni, e quell’inferno che a volte abita il suo cuore, non sempre riesce a metterli a tacere. Prendersi cura della propria salute psichica non è un lusso ne’ tantomeno un atto di debolezza. Eppure ancora oggi sul tema del benessere mentale ci sono stigma, tabù, pregiudizi. C’è ancora chi pensa che andare da uno psicoterapeuta sia qualcosa di cui vergognarsi.
Che la depressione sia una colpa. Che il benessere fisico sia il solo importante.Che chi soffre di problemi di salute mentale non potrà mai costruirsi una vita soddisfacente e avrà sempre qualcosa in meno degli altri. Chi riconosce i suoi demoni e cerca di curarsi fa un atto di responsabilità non solo nei confronti di se stesso/a ma anche nei confronti degli altri e del mondo (e dico: magari tanti di più, incapaci di guardarsi dentro, lo facessero invece che produrre danni irreparabili!).

Troppe persone sono private di questa opportunità, troppi ragazzi e ragazze che ho incontrato avrebbero avuto bisogno anche di questo tipo di aiuto che non è stato loro concesso o che è stato offerto in modo insufficiente.Troppe persone si sono sentite sbagliate o giudicate solo perché hanno scelto di intraprendere un percorso di cura. Simone Biles, regina del corpo libero, libellula di grazia ed eleganza, ha gridato con tutta la sua forza da una posizione privilegiata - ma non per questo più semplice - che aveva bisogno di fermarsi per un attimo e smettere di sentire sul suo esile collo tutto il peso del mondo e quelle continue pressioni.

Ha scelto di chiedere aiuto e farsi aiutare. E, nel farlo, si è accorta di essere molto di più che una bambina traumatizzata o una campionessa olimpionica. Ha scritto sul suo account Instagram: “L’amore e il sostegno che ho ricevuto mi hanno fatto capire di essere più dei miei successi, cosa che non avrei mai creduto prima”.Chissà come sarà il cammino di Simone nei prossimi anni, se le capiterà ancora di cadere, se collezionerà successi. Ma la sua scelta rimarrà comunque nella storia. Da Tokyo Simone Biles ha mandato un segnale forte a chiunque si sia sentito come lei, a tutte quelle persone che, spesso come me, si sentono “guaste” o difettose e per questo perdenti.
E il messaggio è che ci si può fermare, che prendersi cura di sé è un diritto, che la vita è immensamente più grande anche di una competizione olimpica. Che tu possa volteggiare ancora finalmente libera e leggera Simone.

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