Oltre le distanze

Elisa Amato e Alyosha Matella 10 Gennaio 2022.

In una baraccopoli a Stornara (Foggia), tre settimane fa due bambini sono morti nel sonno a causa di un incendio mentre il papà era al lavoro nei campi per guadagnare qualche soldo. Si chiamavano Birka e Christian, avevano due e quattro anni ed erano rom. La notizia ha attirato le attenzioni dei grandi media per il tempo di un caffè. Vuoi mettere le disavventure del signor Novak Djokovic? Eppure c’è chi si tira fuori dal vuoto dello tsumani mediatico, chi si ostina a vivere le scuola come una comunità in ricerca, chi costruisce improbabili gemellaggi tra la periferia di Roma e Omegna per mettere in discussione pregiudizi, stereotipi e distanze. Per farlo basta scegliersi dei buoni amici come Katalina Taikon, scrittrice svedese di origini rom, Gianni Rodari e il suo Le avventure di Tonino l’invisibile (nella foto l’immagine della copertina) e Pio, educatore di origine rom.

Il racconto di uno straordinario percorso tra due classi elementari

Nel 1997 Carlo Cuomo, dirigente e amministratore comunista, fondatore della sezione milanese di Opera Nomadi, scriveva: «Per l’italiano medio, “normale”, anche se democratico e di sinistra, la parola “zingaro”, la vista nel proprio quartiere di una famiglia di zingari (la roulotte, i moltissimi bambini, le donne con le gonne lunghe) provocano inquietudine, diffidenza, qualche ribrezzo… Nessun’altra minoranza etnica suscita un così forte e totale sentimento di “sgradevolezza”, nessuna è altrettanto misconosciuta, ignorata. Noi, i “gagé” – i non zingari – non sappiamo niente di queste comunità, di questo piccolo popolo che vive tra di noi da più di cinque secoli. Ma crediamo di sapere. Al posto della conoscenza mettiamo un mito e crediamo che il mito sia conoscenza».1 Sono parole che suonano ancora tristemente attuali, come le cicliche campagne xenofobe e di odio contro rom e sinti. Un’attualità che affonda le sue radici in una relazione lungamente segnata da pregiudizi, ostilità e stereotipi che hanno ostacolato una reciproca conoscenza dell’altro. Un “altro” che va innanzitutto spogliato di qualunque carattere assoluto, metastorico e metafisico, per restituirgli la propria dignità di soggetto portatore di diritti, fragilità e bisogni e situato in un contesto ben preciso.

Con questi pensieri in testa, alcune e alcuni insegnanti di scuola primaria di Roma e di Omegna, insieme alle loro classi quarte, hanno deciso di affrontare un tema così complesso e delicato. Docenti, alunni e alunne, da un paio d’anni impegnati in un gemellaggio coinvolgente e arricchente, erano venuti a contatto con l’invisibilità e il desiderio di essere ascoltati, narrati da Rodari nel suo “Le avventure di Tonino l’invisibile”2. L’invisibilità di chi vive ai margini della società, ma soprattutto quella concretamente sperimentata nel 2020 dalle allieve e dagli allievi, essendosi ritrovati chiusi tra le pareti domestiche, dimenticati da disposizioni nazionali che ne hanno trascurato bisogni e necessità.

In questo quadro, le bambine e i bambini sono stati portatori di riflessioni originali e profonde che i e le docenti non hanno voluto abbandonare, per far sì che accompagnassero ancora le classi durante il loro quarto anno di scuola.

Le avventure di Katitzi

Un grande aiuto è giunto da Katalina Taikon, scrittrice e attivista svedese di origini rom, autrice di diversi romanzi che hanno per protagonista Katitzi, una bambina “zingara” nella Svezia degli anni ‘403. I primi romanzi della saga, tradotti in italiano da Iperborea, hanno subito colpito per la loro bellezza. Le avventure di Katitzi soddisfano infatti i due requisiti essenziali di un buon libro per l’infanzia: alimentare il piacere di leggere e aiutare le lettrici e i lettori a porsi domande e a provare a darsi delle risposte, non rinunciando al proprio spirito critico per pigrizia o conformismo. E, in questo caso, interrogativi, paure e riflessioni si confrontano con la “invisibilità” di una grande e antica minoranza etnica europea tanto discriminata quanto non conosciuta.

Il tuffo nel mondo di Katitzi è stato quindi immediato e spontaneo, e, tanto a Omegna quanto a Roma, è stato letto in classe un capitolo dopo l’altro. Le classi si sono fin da subito affezionate a questa loro coetanea e, pagina dopo pagina, sono affiorate paure, curiosità e domande a proposito dei rom e dei sinti. Un groviglio di parole e di pensieri che a un certo punto sembrava impossibile snodare se non fossero venuti in soccorso la protagonista del libro e i suoi amici, i quali, a un certo punto dell’opera, affermano che l’unico modo per conoscere le persone è quello di chiedere ai diretti interessati, e nessuna domanda, se posta con rispetto, è “inappropriata”.

osì, nelle classi omegnesi è comparsa una scatola con una scritta: “Se potessi fare una domanda a un rom o a una romnì, chiederei…”, mentre a Roma si provava a immaginare insieme un’intervista a una persona rom per conoscere la sua vita.

Tante domande lasciavano trapelare una serie di curiosità suscitate dalla lettura del libro, ma tra le pieghe dei bigliettini si sono posati anche molti elementi dell’ordine discorsivo che invade i luoghi pubblici e domestici della quotidianità e che le bambine e i bambini assorbono, talvolta con naturalezza, più spesso con una scia di pensieri che difficilmente trovano spazi per decantare e respirare.

Incontriamoci: Nedzad e i bambini di Roma e Omegna

Mentre gli interrogativi venivano messi nero su bianco, gli e le insegnanti hanno deciso di spogliare l’interlocutore di qualunque caratteristica di astrattezza, presentandolo con un nome e un cognome tanto impronunciabili quanto affascinanti: Nedzad Husovic. Una volta svelato anche il suo soprannome, Pio, questo rom misterioso ha cominciato a farsi più familiare. Ma non è stato aggiunto altro: non è stato detto che Pio è educatore in una periferia romana, che lavora con il mondo dell’infanzia, vive in una casa, ha le passioni di tanti suoi coetanei e lavora per l’associazione “21 Luglio”4.

La scelta è caduta quindi su un individuo che rompe lo stereotipo diffuso in riferimento alle persone rom. Non per occultare la realtà di chi vive in condizioni di marginalità, ma per produrre quella dissonanza cognitiva, che spesso è il momento di avvio di un processo autentico di costruzione di conoscenza.

Si è deciso di realizzare l’incontro attraverso una videochiamata che ha permesso nello stesso tempo alle bambine e ai bambini delle due scuole lontane tra di loro quasi settecento chilometri di partecipare. La spontaneità e la curiosità dei bambini e delle bambine si è immediatamente intrecciata con la ricchezza umana e comunicativa di Pio, che ha saputo appassionare tutti con i suoi racconti. Una narrazione genuina e allergica alla retorica, che, proprio per questo, ha coinvolto i suoi interlocutori in una storia di riscatto e affermazione di sé capace di coniugare episodi divertenti, passaggi dolorosi e l’orgoglio di appartenere a una storia antica, raccontata con semplicità e erudizione.

A rendere l’evento ulteriormente emozionante è stato il momento finale in cui ciascun bambino e ciascuna bambina ha potuto salutare e parlare con il proprio amico o amica di penna.

Segni da decifrare

I giorni successivi sono stati costellati di riflessioni che hanno riempito pagine di quaderni e cartelloni murali. Si tratta al tempo stesso di frutti del lavoro fin qui condotto, ma anche di segni da decifrare, nuovi elementi di lettura e problematizzazione che potrebbero diventare tracce per un percorso futuro.

Di queste, possiamo individuarne fin da subito almeno due. La prima è stata indicata con lucidità dalle alunne e dagli alunni stessi e riguarda quanto l’evento ha saputo mettere in discussione con naturalezza, ma anche in modo dirompente, alcuni stereotipi. L’altra è quella emersa dai racconti di Pio, e rappresenta un ordito di domande inedite e nuovi interrogativi che sono andati a disegnare un orizzonte sconosciuto da esplorare, insieme.

Mentre eravamo impegnati nel dare corpo a quanto qui descritto, a Stornara (Foggia), in una delle tante baraccopoli che disonorano il nostro Paese, due bambini morivano nel sonno a causa di un incendio mentre il padre era al lavoro nei campi per guadagnare qualche soldo. Si chiamavano Birka e Christian, avevano due e quattro anni, erano di nazionalità bulgara e etnia rom. A loro sono dedicate queste righe.


Elisa Amato è insegnante di scuola primaria e lavora presso l’Istituto Comprensivo S. Salacone di Roma. Alyosha Matella è insegnante di scuola primaria e lavora presso l’Istituto Comprensivo F.M.Beltrami di Omegna (VB). Dal 2019 portano avanti un gemellaggio tra le loro classi, iniziato in occasione del centenario di Gianni Rodari.

Note

1  Cuomo, Carlo (1997), Zingari, cioè Rom, “Calendario del Popolo”, n.606. Disponibile on line (2009-11-15).

2  Rodari, G. (2010), Le avventure di Tonino l’invisibile, Einaudi.

3  Taikon, K. (2018 ), Katitzi, Iperborea.


Da Comune-Info:
https://comune-info.net/oltre-le-distanze/

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