#NonUnaDiMeno #25novembre

Aveva solo 17 anni, la prima donna uccisa dai clan. Si chiamava Emanuela Sansone e fu ammazzata il 27 dicembre del 1896. Probabilmente si trattò di ritorsione: i mafiosi sospettavano che sua madre li avesse denunciati.
Da: http://www.dasud.it/

Basta ripercorrere la storia del nostro paese per tracciare una linea del tempo che arriva a contare centinaia di donne - innocenti o dissidenti o senza la forza di uscire dal giogo della criminalità organizzata - uccise dalle mafie. Il dossier #Sdisonorate, uscito a marzo 2012, ne contava già 150, e sfatava l’assurda credenza secondo la quale i clan, in virtù di un presunto codice d’onore, non uccidono le donne. Tutto il contrario.Se le cosche mafiose riescono a costruire e mantenere imperi economici è grazie a una coercizione criminale che trova origine e spazio all’interno di comunità chiuse e capaci di dare significati nuovi - e distorti - ai concetti di onore, rispetto, fedeltà. Contesti in cui le donne subiscono un processo di oggettificazione, in cui diventano, per le mafie, causa ed effetto: fonte di giustificazione ed occultamento. Non sorprende, allora, se la maggior parte dei femminicidi di natura mafiosa sono stati causati dalla vendetta nei confronti dei padri, fratelli, e mariti delle donne, che sono un mero strumento, un canale per suscitare rabbia, disonore, risentimento.Questa dimensione vendicativa nasce e si cristallizza all’interno degli schemi classici impartiti dal sistema patriarcale, che ha storicamente incasellato le donne all’interno di schemi di potere rendendole subalterne al controllo maschile. E così, all’interno di una guerra quotidiana, le donne sono bersagli diretti e indiretti del contendere, strumenti con il quale vendicarsi, bocche da far tacere, mogli e fidanzate da tenere a casa.Sono però anche quelle che quando rompono il silenzio mettono in crisi l’intero sistema. Che da anni hanno smesso di subire passivamente un futuro che non hanno scelto per loro stesse. È una donna la prima testimone di giustizia della storia e sono sempre donne quelle che in Calabria stanno indebolendo la ‘ndrangheta sempre di più. Simbolo del riscatto e dell’emancipazione, dimostrazione concreta che anche i costrutti sociali più discriminatori possono essere smantellati, e che gli spazi da conquistare per le donne e per la parità di genere sono ancora tantissimi.Come ogni anno, il 25 novembre rappresenta un punto di caduta importante. É la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, uno spazio imprescindibile per ribadire la necessità di contrastare la violenza e la sopraffazione in ogni sua forma e manifestazione - fisica, economica, culturale, medico-sanitaria, linguistica - attraverso un lavoro quotidiano e strutturale, necessariamente intrecciato con tantissime questioni diverse, tra cui la stessa antimafia.

Per questo il 27 novembre saremo in piazza con NON UNA DI MENO, a Roma, per una grande manifestazione nazionale: NON UNA DI MENO ● MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI GENERE A ROMA!. E ci avvicineremo a questa data con altri due appuntamenti: il 24 con lo spettacolo MEDEA PER STRADA | Teatro dei Borgia | Festival Mauro Rostagno e il 25 con VIOLENZE inVISIBILI. La voce per dirle, giornata organizzata dalla Casa Internazionale delle Donne a cui prenderemo parte con le nostre Celeste Costantino e Carmen Vogani insieme a tantissime altre.

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