Non parlate più di disuguaglianze

Dall’inizio della pandemia, quando si ragiona di scuola chi governa non fa che parlare di aprire la scuola al territorio, dividere le classi in piccoli gruppi, appropriarsi dei luoghi di cultura della città per fare scuola in modo diverso, ma anche di moltiplicare gli spazi sociali che bambini e bambine, ragazzi e ragazze possono frequentare nei pomeriggi per attività extrascolastiche. L’ipocrisia non sembra conoscere confini. “Che non parlino più di lotta alle disuguaglianze sociali, perché un’insegnante che come me vive la scuola da venticinque anni – scrive Cinzia Pennati Penny -, ha visto passare parecchi ministri, parecchi governi e ogni volta si è tagliato qualcosa. I progetti, le compresenza, il tempo, le risorse. Un’insegnante come me sa che la scuola, rispetto a due anni fa, non ha fatto che sprofondare sempre di più nel baratro…”
(Articolo di Penny su comune-info.net/

Noi stiamo cadendo come pedine. Parlo di noi insegnanti, quelli che nella scuola ci credono e per cui presidiarla è una scelta etica oltre che lavorativa. Come dice Umberto Galimberti, molti insegnanti non sono motivati (vi prego non parliamo di vocazione) ma è anche vero che dopo anni di abusi persino chi è motivato, perde qualsiasi entusiasmo. Siamo consumati.

Ho ascoltato con attenzione il ministro dell’istruzione sfornare numeri su numeri, ho sentito il presidente del consiglio Mario Draghi e ho sentito i vari tecnici, per cui la Dad che fino all’anno scorso sembrava la panacea di tutti i mali, è diventata il demone nero. Crea disuguaglianze sociali… ma va’, davvero? Vorrei ricordare che le disuguaglianze sociali c’erano anche prima della DAD, abbiamo le classi intasate da 25 alunni che non possono avere tutti la nostra attenzione e chi ha una famiglia alle spalle ce la farà, chi è povero – la povertà minorile esiste, ops! – rimarrà indietro, sputato dal sistema. E prima della Dad non c’erano neppure gli spazi, chi può pagarsi palestre e sport, allenerà il suo spirito tanto quanto il suo corpo, gli altri si fottano. Chi può pagarsi i musei, i cinema, i teatri, accrescerà la sua cultura, gli altri rimarranno sempre più indietro, perché la cultura nel nostro paese anche per gli studenti è inaccessibile.

La disabilità è sola, un bambino/a disabile, spesso, non riesce a frequentare le 40 ore settimanali che gli spetterebbero, perché non ha la copertura totale? Come la chiamate questa? Io disuguaglianza sociale e, ahimè, anche qui la DAD non c’entra.

Per avere un FFp2 bisogna un insegnante deve avere un disabile in classe, se non lo ha, se la compra, così come si paga i tamponi quando la classe va in quarantena.

Chi ha vissuto la scuola conosce il girone dantesco della partenza, le cattedre vuote e i supplenti che non si trovano, supplenti che ricevono il primo stipendio dopo mesi. Chi conosce la scuola sa che i contratti Covid per il personale ATA ( che è sempre sotto organico) a dicembre sono stati interrotti, poi ripresi perché come si poteva immaginare la pandemia è ancora in corso.

Nessuna delle promesse di due anni fa è stata realizzata, per questa riapertura – allo sbando – io ho sentito parlare solo di sistemi di areazione, chi lo ha fatto a scuola non ha mai messo piede.

Due anni fa ci avete promesso una scuola che si apriva al territorio, alla città, per recuperare spazi e poter dividere le classi in piccoli gruppi (questa è una scelta pedagogico didattica illuminante). Ci avete promesso accesso ai cinema, ai teatri, ai musei, invece, portarci le classi è impossibile perché sono le famiglie a dover pagare. Ci avete promesso stipendi più giusti perché chi è motivato la scuola la sta tenendo in piedi, malgrado voi, perché chi è motivato la scuola la scelga invece di dirigersi verso lavori più redditizi (ricordo le distanze con i colleghi europei, ricordo un contratto fermo da 7 anni, ricordo le distanze, a parità di titoli, con altri ministeri). Ci avete promesso spazi più belli, non aule anguste, dove gli alunni abbiano voglia e desiderio di stare, non solo nell’orario scolastico ma anche dopo, invece, che costringerli a chiudersi nelle proprie stanze e finire dentro al turbine dell’ansia sociale (è così che si combatte la disuguaglianza non con i sistemi di areazione e con scuole aperte indecenti). Ci avete promesso didattiche più illuminate meno burocratiche, insegnanti preparati, invece, con tutto il rispetto per chi sta lavorando, molti supplenti non hanno mai fatto un giorno di scuola e non sanno da che parte girarsi (formare insegnanti con capacità didattiche ma anche psicologiche, pedagogiche ed empatiche, questa è una scelta illuminante).

Una scelta illuminante sarebbe stata quella di assumere più insegnanti e pensare ad una didattica in gruppi classe più piccoli, una scelta illuminante sarebbe stata quella di uscire dagli istituti fatiscenti e appropriarsi dei luoghi di cultura della città per “fare” scuola. La scuola avrebbe potuto aprire davvero in sicurezza. Una scelta illuminante sarebbe stata quella di sostituire subito gli insegnati quando mancano e non aspettare i tre giorni di mutua per risparmiare, risparmiare e risparmiare. Non si risparmia sull’umanità. Non si risparmia sul futuro.

Con questo non voglio dire che si dovevano tenere le scuole chiuse ma nemmeno lasciarci così soli e buttarci allo sbando, perché è questo che sta succedendo.

Ogni giorno mi chiedo se prenderò il Covid, se lo attaccherò a chi amo che presenta una fragilità, a mia figlia (il cui padre non vuole che si vaccini). Ogni giorno mi chiedo se qualche mio bambino/a se lo prenderà e ho paura, per loro e per me.

La DAD nessuno l’ha voluta, noi docenti siamo stati i primi a dirlo, ma i ministri dovrebbero ammettere che non hanno riaperto la scuola per fermare la disuguaglianza sociale, perché come ripeto, la scuola per come è pensata, sfornava la disuguaglianza prima della DAD e continua a sfornarla, non basta la presenza.

Dovrebbero essere sinceri e dire che come sempre mandano gli insegnanti al macello, soprattutto, quelli motivati che solitamente sono quelli che restano, per non bloccare il sistema produttivo. È questo che si chiede alla scuola, non fermarsi e di chi la abita vi interessa pochissimo. Ma stiamo cadendo come pedine, la spinta verso il cambiamento ha ceduto il passo alla rassegnazione.

Ma che non parlino di lotta alle disuguaglianze sociali, perché un’insegnante che come me vive la scuola da 25 anni, ha visto passare parecchi ministri, parecchi governi e ogni volta si è tagliato qualcosa. I progetti, le compresenza, il tempo, le risorse. Un’insegnante come me sa che la scuola, rispetto a due anni fa, non ha fatto che sprofondare sempre di più nel baratro e che non basta tenerla aperta per salvare chi le abita. E questo è davvero inaccettabile.


Cinzia Pennati (Penny) è insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti, tra le quali Ludovica Paglino (l’autrice del disegno) e cura il blog sosdonne.com. Il suo ultimo libro è Ai figli ci sono cose da dire. Nell’archivio di Comune i suoi articoli sono leggibili qui.

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