Metropolitane, corse a rischio per le linee A e B

Stop alle corse delle linee metro A e B e ai lavori di completamento della metro C. È l’effetto domino che, nello scenario peggiore, rischia di abbattersi sulle sorti del trasporto pubblico della capitale. Lo spettro del fallimento per Roma Metropolitane, società pubblica del Comune che gestisce la progettazione e gli appalti dei lavori sulle linee delle metropolitane romane, si fa infatti sempre più nitido.

Sulla testa della srl capitolina, da più di un anno in liquidazione a causa dei debiti e del pesante rosso sui conti, pende una doppia tagliola. Da una parte c’è un contratto di servizio con il Comune ormai scaduto e un portafoglio di incarichi e commesse, al momento, «non sufficiente a garantire la vita della società, sia in termini finanziari che economici». Dall’altra, un rebus contabile da 7 milioni di euro recapitato direttamente sul tavolo della Corte dei Conti. «Considerate le giacenze in cassa e i flussi finanziari attesi, la società ha liquidità per andare avanti fino al termine del mese di marzo»: il commissario liquidatore nominato dall’amministrazione capitolina, Andrea Mazzotto, è stato chiaro. Prima in una nota inviata tre settimane fa alla sindaca Raggi. Poi in un intervento in audizione in commissione capitolina Mobilità.

E, nel frattempo, ha attivato dal 1 febbraio dodici settimane di cassa integrazione per i 135 lavoratori. È scattata così la corsa contro il tempo per sventare il blocco delle attività. L’unica ancora di salvezza è il via libera, da parte del Campidoglio, ad un piano di risanamento che consenta di raggiungere i tanto agognati equilibri di bilancio. E di evitare, come paventato dallo stesso liquidatore, di portare i libri contabili in tribunale.

CORSA CONTRO IL TEMPO
Urge dunque il famoso piano di risanamento. Una bozza del documento è stata già trasmessa dal liquidatore alla giunta capitolina, che nel frattempo ha espresso parere favorevole sui vecchi bilanci della società partecipata del Comune, quelli del triennio 2016-2018, che non erano stati ancora approvati dopo il rosso da oltre 2 milioni di euro registrato nel 2015. Manca ancora, però, il semaforo verde sul bilancio di esercizio 2019, oltre che sul saldo al 31 dicembre 2020. Ma anche un nuovo contratto di servizio. Poi l’esecutivo Raggi potrà dare l’eventuale ok al piano industriale per riportare in attivo la società, ripianando debiti e perdite, e traghettarla fuori dal regime di liquidazione votato ad ottobre 2019 dall’Aula Giulio Cesare. Una corsa a tappe, con un occhio al segno dei bilanci: se le annualità consecutive chiuse in negativo dovessero essere tre, per legge il Campidoglio non potrebbe più iniettare capitale nelle casse societarie. Dietro l’angolo si cela così l’incubo del fallimento. O meglio, di un ‘concordato preventivo’: l’ultima spiaggia prima del ‘crac’.
Articolo completo qui: https://ilcaffediroma.it/

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