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Il terzo settore al centro del futuro di Roma

Santa Maria della Pietà, Tor Bella Monaca e Corviale sono le tre grandi aree periferiche della capitale, a cui il Comune ha scelto di destinare i fondi di riqualificazione derivati dalla quota romana del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

(Articolo di Ermanno Giuca)
Un totale di 180 milioni di euro stanziati dalla Commissione Europea, per rendere concreti i “Piani Integrati Urbani”: dalla conversione di biblioteche in poli civici all’inaugurazione di nuovi percorsi pedonali e ciclopedonali, dalla bonifica edilizia di complessi come l’”R5” al recupero di spazi pubblici da destinare all’associazionismo.

Ma davvero entro il 2026 (dopodomani, se pensiamo ai tempi medi assegnazione di un bando pubblico) Roma riuscirà a spendere, rendicontare e realizzare questi interventi?

La co-progettazione

Se nelle parole di alcuni assessori dell’amministrazione capitolina c’è incertezza davanti ad un nuovo sistema di risorse che richiedono più responsabilità ed efficienza di spesa, una possibile via d’uscita è già tracciata: co-progettazione e competenze specifiche sul territorio, caratteristiche messe a disposizione dagli Enti di Terzo Settore.

Per sondare le capacità di dialogo tra associazioni e Giunta, il Forum del Terzo Settore Lazio ha organizzato presso Palazzo Valentini a Roma, la tavola rotonda “Competenze e comunità: il Terzo settore nel futuro della città metropolitana”. Un confronto coraggioso, che ha visto dialogare assessori, enti di terzo settore e amministratori pubblici.

Un punto di partenza è stato chiaro a tutti i presenti: nessuno salva questa città da solo. Senza le competenze e le buone pratiche delle associazioni presenti nel territorio da molti anni, i Piani Integrati Urbani presentati all’Europa, resteranno sulla carta e i processi di cambiamento non verranno attivati.

Ne è certo Gino Aurisio, che in rappresentanza della Rete Culture Diffuse, difende il ruolo della cultura, soprattutto nei quartieri più periferici: «La pandemia ci ha dato l’opportunità di abbattere muri con la Regione e di recuperare più velocemente risorse da mettere a disposizione del settore cultura. È il comparto che più ha sofferto negli ultimi due anni e quello più trasversale a tutti. Rigenerazione urbana è, per esempio, il museo condominiale di Tor Marancia che in questi anni ha fatto rivivere quella periferia. Perché inaugurare un presidio culturale vuol dire creare indotto economico anche per tutte le attività che gravidano attorno ad esso».
Articolo completo su:
https://www.retisolidali.it/

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