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Periferiacapitale per una Roma del “possibile” (Intervista di Scomodo)

L'intervista di Scomodo a Domenico Chirico e Concetta Campi. Per raccontare un poco del senso di responsabilità per Roma della Fondazione Charlemagne con il programma Periferiacapitale.
(Intervista a cura di Lorenzo Cirino e Francesco Paolo Savatteri).

"Crediamo che la cooperazione tra Fondazioni ed Enti pubblici e del terzo settore possa permettere di raggiungere risultati incredibilmente più grandi”. Così Stefania Mancini spiega l’orizzonte sociale della Fondazione Charlemagne.

La Fondazione Charlemagne con il programma Periferiacapitale interviene in 13 municipi della città con l’idea di stimolare  processi comunitari, attivismo, volontariato e partecipazione.

Si rivolge a cooperative, enti del terzo settore, gruppi religiosi, imprese sociali, centri studi ed università, e a coloro che, radicati nei quartieri di Roma, forniscono servizi a favore delle persone e della comunità in cui vivono.

Il modo di lavorare al servizio della Città di Periferiacapitale è semplice: incontri e sopralluoghi nei territori della Città, per raccoglie informazioni su bisogni e fragilità del tessuto sociale. Per poi studiare i rapporti sulle disuguaglianze delle zone urbane di riferimento, Periferiacapitale identifica così gli Enti da sostenere con finanziamenti ai costi di struttura, formazione e co-progettazione per bandi locali e nazionali.
Il programma Periferiacapitale opera per la città di Roma, dedicandosi a sostenere organizzazioni che operano a livello territoriale per lo sviluppo sociale ed economico, ambientale e culturale.

Il “capitale” che interessa alla Fondazione Charlemagne è quello umano. Periferiacapitale parte da questa consapevolezza: “periferia” e “centro” sono definizioni a volte poco significative di un patrimonio umano che non può essere raccontato in categorie troppo spesso limitanti.

Abbiamo intervistato Domenico Chirico e Concetta Campi della Fondazione Charlemagne/Periferiacapitale, che seguono da vicino tutti i progetti della rete di Periferiacapitale, compreso quello di Scomodo dedicato allo Spin Time Labs.

Il primo anno di Periferiacapitale, già raccontato l’anno scorso su questo portale, secondo noi è stato un assoluto successo. Un lavoro così strutturale con un’attenzione tanto efficace verso i territori non lo avevamo mai visto in una città complessa e varia come Roma. Ora cerchiamo di approfondire ciò che riguarda il secondo anno di attività e il rapporto sinergico che si è ormai creato tra la fondazione e le realtà del terzo settore sostenute e accompagnate nella formazione e strutturazione. Per cominciare, si lavora con le stesse organizzazioni del primo anno? Le vedete crescere? Quanto si stanno strutturando? E qual è di solito la durata del percorso condiviso?

Di solito il percorso di accompagnamento e di finanziamento va dai tre ai cinque anni. Stiamo ragionando sia sul rafforzamento delle realtà che abbiamo sostenuto i primi anni sia sulla presenza nel territorio in altri municipi di Roma. L’idea è di arrivare a tutti i municipi, continuare quello che stiamo facendo, rafforzare il tessuto sociale dove ce ne sia bisogno.  Siamo presenti in tredici municipi sui quindici totali di Roma, ma come zone urbanistiche stiamo ancora indietro e vogliamo fare un passo in più.

Ogni associazione ha la sua peculiarità, ci sono dei gruppi che sono cresciuti molto, anche grazie al nostro sostegno, che si attiva con il finanziamento, ma anche con un accompagnamento formativo.

L’obiettivo della seconda annualità è capire come stimolare in queste associazioni un processo di crescita che li renda abbastanza forti per affrontare il futuro. Per questo motivo abbiamo avviato anche un’attività di formazione ad hoc che permetta a tutti gli enti di identificare i percorsi più adatti e funzionali al proprio percorso formativo.

Un altro aspetto fondamentale su cui stiamo lavorando è il rapporto con le Amministrazioni Pubbliche.

Molti enti, tra cui voi (Scomodo; Spin Time), sono in precarie condizioni alloggiative dovute all’occupazione. In questi casi stiamo cercando di capire come aiutare questi enti a far si che il bene pubblico che hanno a disposizione diventi effettivamente una opportunità per tutta la comunità, quindi un bene regolarizzato. Con questa amministrazione c’è la possibilità di fare un salto in avanti, che prima era molto difficile da immaginare. L’occasione è ora, e questo riguarda molte questioni legate alle grandi sfide sociali. Noi, attraverso il programma di Periferiacapitale cerchiamo di preparare al meglio gli enti che sosteniamo a questo “salto di qualità”, attraverso il passaggio di competenze, la strutturazione, le connessioni con altre fondazioni dove è possibile.

A Roma si è concluso il primo anno della nuova amministrazione. Si nota che state cercando di portare avanti un lavoro più efficace e collaborativo con l’Amministrazione capitolina, ad esempio attraverso i co finanziamenti di progetti territoriali con i municipi.

L’amministrazione nuova ha una grande opportunità, perché ha una squadra composta da persone molto competenti. Più di un assessore è un ex presidente di municipio e conosce quindi molto bene le dinamiche territoriali oltre ad avere una solida esperienza di amministrazione comunale a tutti i livelli.

E’ comunque inevitabile prendere atto che tutti i cittadini romani riscontrano una fatica che questa amministrazione sta facendo a risolvere una serie di problemi di vivibilità quotidiana e a creare quella svolta che sarebbe necessaria alla città.

Noi cerchiamo sempre un forte dialogo con l’amministrazione, dialogo che va tessuto ogni giorno. Consapevoli che a Roma c’è una difficoltà storica e antropologica di capire la partnership tra il pubblico e il privato.

Questa Città spesso ragiona sui fondi pubblici e non si arriva a un sistema con i privati di co-progettazione e co-programmazione, azioni che potrebbe portare a benefici estremamente rilevanti per i territori.

C’è anche una forte diffidenza verso il privato, anche legittima, essendo Roma troppo spesso vittima  di speculazioni.

Però è fondamentale valorizzare la legittimità e l’autorevolezza di chi da anni porta un bagaglio di competenze e cura nei confronti dei territori in cui opera.
Per questo la Fondazione Charlemagne sta cercando di siglare con tutti i municipi dei Protocolli di intesa specifici per avere un lavoro più inquadrato a livello territoriale, per comprendere quali siano le emergenze dei territori così da proporre loro dei fondi di comunità specifici sui quartieri, per fare degli investimenti importanti.

Altro discorso importante per tutti i cittadini è la burocrazia, Roma ne è sommersa.

E’ un problema su cui si deve intervenire, altrimenti il privato che si occupa di sociale difficilmente può essere incentivato a partecipare alla rinascita di Roma.

Un’ultima riflessione positiva sull’amministrazione Gualtieri va fatta. E’ stato realizzato il dipartimento Europa. Noi di Periferiacapitale abbiamo chiesto al sindaco di includere in questo dipartimento qualcuno che potesse dialogare con la filantropia, con le fondazioni. Al momento non abbiamo ancora ricevuto risposta. Questo potrebbe andare a rafforzare l’idea di partnership pubblico privato.
Roma è una città su cui sono stati messi miliardi del PNRR e serve assolutamente creare una macchina amministrativa in grado di gestire questi soldi in costante confronto e dialogo con le energie positive della società.

Il programma che avete lanciato è uno dei pochi lavori strutturali che le fondazioni portano avanti sulle città, in modo sinergico e in continuo scambio con i territori, dedicando alle singole realtà grande attenzione. 

Siamo tra le poche Fondazioni che hanno avviato un programma per la città di Roma. La presidenza di Stefania Mancini in Assifero (Associazione italiana fondazioni ed enti filantropici) ci permette di raccontare con più forza quello che si fa a Roma e riaffermare il nostro modello di “agire per il bene di tutti”.

Il fatto che lavoriamo bene non è frutto della sola valutazione da parte del Consiglio della Fondazione, ma soprattutto dell’analisi “esterna” dell’impatto sociale di Open Impact. Nella città di Roma non esisteva un’esperienza come la nostra, cioè di soggetti che avvicinassero partner e associazioni che lavorano sul territorio per finanziarli con fondi di struttura. Non c’era mai stata prima di noi questa attenzione alla programmazione territoriale e di comunità. Abbiamo l’opportunità di agire con persone che dedicano un’esperienza quotidiana di bellezza, di lavoro e di impegno ai loro quartieri.
Un esempio di questa “bellezza” è il festival d’arte a San Basilio, che sosteniamo da anni. E’ un festival partecipato molto bello in cui la gente può vivere i cortili di San Basilio in modo diverso. E dobbiamo ricordarci che la maggior parte delle persone a Roma vive in periferia, il cuore della città è lì.

Partendo proprio dalla presidenza di Stefania Mancini in Assifero, e da quello che avete detto sul rafforzare e ampliare il vostro modello di intervento, vorrei capire di più. Quanto può fare ancora il mondo della filantropia in una città come Roma?
Abbiamo intenzione di allargare la rosa delle fondazioni che possano investire nella città di Roma. C’è un’ambizione, che è già in fase realizzativa,  con grandi fondazioni internazionali, fondazioni americane, network delle European Economic Foundation, una serie di soggetti internazionali che al momento non sono presenti a Roma  e anche scarsamente presenti in Italia. Li vorremmo coinvolgere in attività filantropiche per l’Italia. Tema che abbiamo portato in Campidoglio parlandone anche con il Sindaco Gualtieri. L’idea è quella di promuovere una Casa della Filantropia, un luogo che raccolga che faciliti iniziative filantropiche a favore della Città.
Lavoriamo affinché Roma si ritagli il ruolo che merita nel sistema filantropico italiano.

Ci piacerebbe sapere se ci sono dei modelli di fondazione a cui vi ispirate per portare avanti il vostro lavoro, siano queste internazionali o nazionali.

Ci sono le fondazioni di comunità del nord che abbiamo studiato a lungo, alcune hanno delle modalità di lavoro molto interessanti, e degli ambiti che sono sempre cultura ambiente e sociale. È il modello della fondazione di comunità.

Poi ci sono varie pratiche di fondazioni internazionali, c’è ad esempio il movimento delle fondazioni comunitarie che hanno una serie di prassi da cui prendere idee e stimoli di riflessioni.

La nostra storia ci dice che siamo piuttosto diversi dalle tradizionali fondazioni di famiglia. In queste di solito il fondatore è molto presente nell’attività filantropica, prende molte decisioni. Nel nostro caso i due filantropi fondatori di Charlemagne hanno cercato di creare un sistema autonomo dalla loro presenza. Questo sistema ora si sta concentrando su Roma, con Periferiacapitale che ha l’intento di lavorare sulle diseguaglianze in modo strutturale e sinergico.

Prima di chiudere, vorremmo soffermarci sul metodo con cui scegliete degli enti con cui collaborare. Tenendo presente anche che finalmente è attivo il portale dedicato al terzo settore, il famoso Runts. Quanto questo può essere uno strumento di screening, di creazione di ulteriori network, di consolidamento dell’incontro tra enti finanziatori ed enti da finanziare?

La Fondazione Charlemagne ha sempre lavorato ricevendo progetti (anche sette, otto progetti al giorno) che poi passavano alla fase di valutazione tecnica e al Consiglio di Fondazione.

Con Periferiacapitale abbiamo iniziato a fare anche scouting. Alcune associazioni invece ci contattano direttamente, quindi la procedura che utilizzavamo prima dell’ideazione del programma su Roma è ancora attiva.

I nostri uffici fanno delle analisi territoriali, degli stakeholder, e poi sono queste che ci orientano verso la scelta di determinati soggetti con cui instaurare un rapporto e cominciare dei progetti. Come abbiamo già raccontato nel precedente lavoro fatto insieme, il programma mette al centro le forti disuguaglianze interne alla città di Roma con l’obiettivo di ridurle. Quando ci siamo chiesti dove sono le disuguaglianze all’interno del primo municipio, la risposta è stata nelle occupazioni abitative che sono un luogo di forte divario sociale rispetto al territorio che vi è intorno.

Attraverso questo tipo di analisi siamo arrivati alla realtà di SpinTime, ma anche a Bastogi ed in molte altre aree della città

Per quanto riguarda il discorso di ricerca partner attraverso ill Registro del terzo settore, dal lato nostro, pensiamo resti più utile andare ogni giorno sui territori, conoscere con i propri occhi le realtà che operano in relazione ad un determinato tessuto sociale. Conoscere le persone che popolano questi territori è fondamentale. Fondamentale perché sono “le persone” il fine ultimo del nostro agire. Per anteporre alla parola “impossibile” una Roma del “possibile”.

 

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