Roma. “Da pace a Putin”: le parole della manifestazione

Quali i termini più ricorrenti della manifestazione delle 600 organizzazioni e dei 100mila partecipanti? Il racconto della nostra inviata: "In piazza si mescolavano i dialetti, le provenienze sociali e soprattutto le parole, quelle scritte sui cartelloni e le magliette, quelle gridate nei cori, quelle dette dal palco davanti alla basilica. Parole figlie di appartenenze culturali spesso agli antipodi"

Una marea umana di bandiere, colori e striscioni. Era questo il colpo d’occhio di ieri lungo via Merulana a Roma, con i 100mila della manifestazione per la pace promossa da Rete Italiana Pace e Disarmo in corteo verso il palco di piazza San Giovanni. Quasi 600 le associazioni e i movimenti laici e cattolici che da tutta Italia hanno risposto all’appello, per chiedere lo stop al conflitto e l’avvio immediato dei negoziati di pace. In piazza si mescolavano i dialetti, le provenienze sociali e soprattutto le parole, quelle scritte sui cartelloni e le magliette, quelle gridate nei cori, quelle dette dal palco davanti alla basilica. Parole figlie di appartenenze culturali spesso agli antipodi. Ma quali sono state le più utilizzate? E quali le grandi assenti?

Pace
«Perché siamo qui? Prima di tutto per chiedere la pace». Ieri a chiunque si domandasse cosa ci facesse in corteo, la risposta era sempre la stessa. Ma ormai si sa, poche parole come “pace” in questi mesi stanno avendo tante accezioni differenti. Che tipo di pace siete qui per chiedere? Per Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio, la pace da ottenere per l’Ucraina è quella «dei forti», chiesta rinnovando l’appello del Papa al «presidente russo», perché «cessi la spirale di guerra», e al presidente ucraino, perché «sia aperto a serie proposte di pace». La parola “Pace” svettava anche sulle bandiere delle Acli, sulle magliette di Arci e gli striscioni della Cgil, tra gli organizzatori della manifestazione. «Auguro a tutti la “malattia della pace”», ha aggiunto don Luigi Ciotti, fondatore di Libera.

Guerra
«Stop the war!», scandiscono insieme italiani e ucraini. Potrebbe sembrare scontato che in una manifestazione contro la guerra, una delle parole più usate sia stata proprio “guerra”. Eppure ieri c’era una consapevolezza in più tra i manifestanti di “Europe for peace”, quella che il conflitto in Ucraina riguarda da vicino tutti gli europei. Nessuno escluso. «In questi mesi di delirio mortale è stato infranto il tabù: - ha detto nel suo intervento Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, - per la prima volta si parla di guerra atomica come una possibilità reale. La Federazione Russa è responsabile del massacro in corso». Un bambino seduto sulle spalle del papà ha scritto su un foglio di carta: «Non voglio più la guerra».

L'articolo di Agnese Palmucci continua su:
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