Rari nantes in gurgite vasto. Con questo verso, all’interno del I libro dell’Eneide, Virgilio descrive il naufragio delle navi troiane in fuga dalla città, ormai caduta in mano ai greci. Rari nuotatori in un vasto gorgo, che troveranno salvezza solo approdando sulle coste del Lazio. E da lì, daranno vita a un’altra storia, che porterà alla fondazione di Roma.
È a quel naufragio e a quella storia che rende omaggio, con il proprio nome, Liberi Nantes, squadra di calcio composta esclusivamente da ragazzi richiedenti asilo o rifugiati. Moderni naufraghi, quindi, ma liberi, almeno come speranza. “Il nostro percorso è nato nel 2007”, racconta Alberto Urbinati, attuale Presidente nonché tra i soci fondatori, “da un’idea di Gianluca Di Girolami; sembrava un’intuizione folle e invece la storia ci ha travolto”. In poco tempo, infatti, il nome Liberi Nantes comincia a circolare, il progetto cresce sull’onda del passaparola, soprattutto all’interno dei centri di accoglienza.
“Evidentemente abbiamo dato risposta a un bisogno di cui nessuno era consapevole; perché i centri di accoglienza danno da mangiare e un posto per dormire, ma quando ci si occupa degli esseri umani?”. È la domanda giusta e lo dimostrano 14 anni di attività ininterrotta.Stagione dopo stagione, campionato dopo campionato, arriva il 2010. Liberi Nantes è ormai una squadra strutturata e ha bisogno di una nuova sede. Dopo un’interlocuzione con Regione Lazio e Comune di Roma, la scelta cade sul Campo Sportivo XXV Aprile - Pietralata, meglio conosciuto come il campo dell’#Albarossa, storica squadra del Partito Comunista di zona.
“Lo abbiamo scelto proprio per la sua storia”, spiega Alberto. Una storia iniziata nella borgata romana degli anni ’60, spazio sconfinato in cui si riversarono, nel giro di poco tempo, migliaia di lavoratori e di famiglie provenienti dal sud Italia, attratti dalle promesse del boom economico e della ricostruzione post-bellica. All’inizio, al posto del campo c’erano le famose Casette 7 lire, poco più che baracche senza servizi igienici. L’impianto sportivo fu completamente autocostruito dai militanti comunisti del quartiere e divenne un punto di riferimento per gli abitanti, perché dedicato all’attività fisica ma anche a concerti, iniziative culturali, feste. Come spesso accade, però, a una parabola ascendete ne seguì una discendete.
Roma è mutata, la sua periferia si è trasformata con lei e i cambiamenti sociali hanno portato alcune esperienze a spegnersi. Nel 1995, con il fallimento dell’Albarossa, il campo “XXV Aprile” entrò ufficialmente in una condizione di semiabbandono, da cui uscì solo con l’avvento di Liberi Nantes. “Quando siamo entrati, lo abbiamo trovato in condizioni pessime”, racconta ancora Alberto, “e ci è voluto tantissimo impegno per riattivarlo, centimetro dopo centimetro”. L’ingresso nel nuovo impianto, però, porta una positiva evoluzione. “Siamo diventati anche un progetto di comunità locale e di sport popolare, con attività gratuite rivolte alle famiglie bisognose del quartiere”. Ascoltare il racconto dell’intreccio fertile creatosi tra Pietralata e Liberi Nantes porta a riflettere su come, a volte, la storia disegni tracciati curiosi e si improvvisi in audaci sovrapposizioni, per dare nuovo senso alle cose. E non è una forzatura provare a scorgere la sottile vibrazione che collega le origini del campo dell’Albarossa con le radici della squadra di rifugiati, i vissuti degli operai di allora con quelli dei calciatori di oggi. Eliminati i dettagli, rimane lo stesso nucleo: la ricerca di una vita migliore, più giusta e dignitosa.
È con questo desiderio, ad esempio, che Jean Bosco Honba, attuale allenatore della Liberi Nantes, ha lasciato il Camerun quando aveva solo 19 anni. “Da piccolo”, racconta, “ho vissuto in una situazione di grande povertà; eravamo otto fratelli e nostra mamma ci cresceva da sola”. In Italia, è venuto nel 2000, per tentare la sorte come calciatore. Durante i primi mesi, però, a causa delle norme che limitavano il tesseramento dei calciatori extracomunitari, non è riuscito a ottenere un ingaggio e si è ritrovato clandestino, costretto a dormire in case abbandonate o alloggi di fortuna e a guadagnarsi da vivere raccogliendo pomodori nelle campagne del Lazio. Fino a quando, per fortuna, il pallone non è rotolato nella giusta direzione ed è stato preso dalla Ruggiero di Lauria, in Basilicata, avviando una carriera durata 17 anni. Oggi, Jean allena ragazzi che hanno trascorsi simili ai suoi, e a volte anche più duri. Ragazzi che magari neanche sognano il successo come calciatori ma che nell’appartenenza a una squadra di calcio ritrovano quello che Alberto Urbinati definisce “uno spazio di normalità in una vita che di normale non ha nulla”.
Questo meraviglio articolo su Liberi Nantes è stato scritto da Giovanni Zannola (Consigliere di Roma Capitale. Arbitro Serie A Futsal), sulla sua pagina Facebook