La governance del verde urbano a Roma

di Estella Marino.
Parto da un assunto di fondo – confermato e se possibile “irrobustito” da 28 mesi di impegno amministrativo diretto – la convinzione che Roma non sia più governabile con questo assetto istituzionale e che sia necessaria una riorganizzazione di poteri e funzioni (tema ampiamente dibattuto da decenni, che contava anche numerosi detrattori, ma che pare oggi finalmente condiviso da buona parte delle forze politiche dell’intero arco parlamentare). Senza volersi addentrare nella questione, non essendo questo il tema trattato, segnalo che la cornice di riferimento a tali ragionamenti possiamo ritrovarla nella proposta che Tocci fa nel suo libro “Roma come se”, proposta ampiamente condivisibile, che approfondisce e che scandaglia molti dei nodi di questa trasformazione e che quindi ci fornisce un valido aiuto e una valida base di appoggio, di metodo e di contenuti, per proseguire la riflessione in tale direzione.

Come dico spesso – riferendomi al settore dell’amministrazione che ho governato e quindi che ho potuto vedere “dall’interno” – non si può pensare di governare tutto dal centro, da villa Borghese all’ultima aiuola di Morena.
Sono (ed ero ormai quasi 10 anni fa) talmente convinta della necessità di avviare – anche per piccoli passi a “legislazione invariata” come si usa dire – la riforma dell’architettura istituzionale che, quando ne ho avuto la responsabilità, ho ostinatamente portato avanti – fin dove gli strumenti, la normativa e le regole a disposizione me lo consentivano – il tema del decentramento in uno dei settori di mia competenza, quello del governo e della gestione del verde urbano. Ovviamente in soli 28 mesi (poco più di due anni) è stato possibile fare solo alcune cose, le quali sono però chiaro segno del disegno di fondo che si intendeva portare avanti, e che in parte traspare dagli atti approvati. Una progettualità ed una proposta per il riassetto della governance del verde urbano che ho tante volte raccontato in iniziative, interventi ed incontri ed oggi, con l’ottica di sistematizzare e lasciare traccia della riflessioni, riporto in questo articolo.

Riporto, per aver chiaro le quantità ed “i numeri” in gioco, schede e grafici di una presentazione che avevamo realizzato nel 2015, qualche dato oggi è cambiato ma la fotografia complessiva è la stessa.

Ero convinta, e lo sono ancora di più oggi, che fosse assolutamente necessario da una parte trasferire ai municipi tutto il “verde di prossimità”: giardinetti di quartiere, aiuole, anche il verde diciamo “di servizio” come il verde spartitraffico, e poi giardini dei nidi e delle materne (in parte già trasferiti), dei centri anziani, gli orti urbani, ecc., poiché l’istituzione più prossima al territorio ed al cittadino è maggiormente in grado di prendersi cura, di mantenere il decoro urbano, di restituire spazi alla socialità, e di sviluppare progettualità assieme al territorio quale l’attivazione di tutti quei patti di collaborazione pubblico/privato con le associazioni locali che con il municipio hanno spesso già una interlocuzione (adozioni delle aree verdi, sponsorizzazioni, ecc.). Mentre dall’altra si dovesse mantenere al centro (in capo al dipartimento del Comune) la gestione delle grandi ville, dei parchi urbani, delle alberate storiche e monumentali, sulla quale concentrare la maggiore professionalità ed expertise tecnica di un servizio centrale (professionalità che ancora il livello municipale non possiede).

In sintesi, ed in generale anche per altri temi: decentrare la gestione dei servizi “di prossimità” e la loro manutenzione, e lasciare in capo al Comune la gestione delle grandi infrastrutture – materiali ed immateriali (penso ai musei, come all’Auditorum, ma anche le grandi ville pubbliche) – urbane.
“[…] Municipio. Il suo compito è il governo di prossimità: tutte le attività e le funzioni riguardanti i servizi alla persona, la vita di quartiere, la cura dei luoghi” (Walter Tocci, “Roma come se”).



L'articolo completo di Estella Marino segue su:
https://www.ricercaroma.it/

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