La falegnameria sociale nell’ex Mattatoio di Roma

La seconda vita per i tronchi della Capitale si chiama K_Alma, la falegnameria sociale. «A Roma spesso capita di vedere alberi abbattuti o crollati e abbandonati per mesi», dice Gabriella Guido, presidente di K_Alma. «Si tratta di materiale vivo che può essere valorizzato, esattamente come tanti disoccupati o richiedenti asilo che noi accogliamo e ai quali insegniamo un mestiere. Abbiamo recuperato il legno e lo abbiamo lavorato in tanti taglieri, uno diverso dall’altro. È un modo per dimostrare che non esiste nulla che sia rifiuto, tutto ha una dignità. Come non ci sono rifiuti ambientali, così non ci sono rifiuti umani perché tutto può avere una nuova vita». Il tagliere è stata una sperimentazione piaciuta così tanto che ora alcune facoltà di Architettura insieme con le ditte di manutenzione del verde stanno studiando una filiera etica per poter proseguire il progetto in modo sistematico.

«Per noi è un vero percorso di auto imprenditorialità. Ognuno può realizzare il prodotto, produrlo e venderlo». Il tagliere non è il primo pezzo d’artigianato qui lavorato. «Siamo partiti dallo “Sgabello bello bello”, prodotto azzeccato anche per i matrimoni, che ha permesso di farci conoscere». Così al villaggio globale all’interno del Mattatoio di Roma, da una piccola stanzetta si sono fatti sempre largo fino a occupare lo spazio più grande.
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