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Il Teatro di Roma e oltre: tra cultura e responsabilità sociale

....Si potrebbe  obiettare che tra musei, festival, teatri, concerti, fondazioni, cinema ecc ecc Roma non sia affatto una città priva di cultura e che dia ai residenti e non la possibilità di fruire di una moltitudine di eventi, vero. Che questi luoghi sono partecipati e che non manca quindi l’offerta culturale; che molte produzioni, distribuzioni, compagnie, personalità artistiche lavorano e continuano a farlo da anni restando per il territorio dei punti di riferimento, vero anche questo. Ma come avviene tutto ciò? Su quali sforzi e condizioni? Quali sono le premesse strutturali di accesso e continuità e qual è la qualità del lavoro? Allora cosa sta succedendo e cos’è questo tutt’altro da rivendicare?

Innanzitutto si attesta la numerosa partecipazione. La volontà, che casomai va anche di pari passo col dubbio e lo scetticismo, di prendere parte a un’azione di pensiero condivisa, collettiva, autoconvocata e autodeterminata, la quale è attraversata da una convergenza di realtà molto diverse tra loro, di diversi territori, che lavorano a Roma ma non solo, che annoverano anche personalità riconosciute del panorama artistico nazionale. Alla qualità si accosta la quantità: le assemblee – la prima tenutasi alla Città dell’Altra Economia, la seconda davanti al Teatro di Roma mantenuta viva di voci per oltre 4 ore, e la terza di domenica scorsa negli spazi di Spin Time, occupazione abitativa che dal 2012 è un presidio sociale e culturale per Roma e che ospita 150 famiglie – hanno coinvolto dalle 200 alle 300, 350, persone, di varia estrazione professionale e artistica, anagrafica e militante, anche nuove generazioni che parallelamente stanno organizzando riunioni di approfondimento e comprensione riguardo le politiche culturali. Di fronte a quello che è stato dichiarato in assemblea come un «disastro culturale» che parimenti a quello ambientale ha rotto gli argini, e considerato l’attuale clima governativo volto ad annichilire qualsiasi manifestazione di dissenso rispetto allo status quo; ciò che stanno mettendo in atto questi corpi e le loro idee è una nuova ridefinizione della responsabilità culturale che deve essere innanzitutto responsabilità sociale.
Articolo completo di Lucia Medri su hteatroecritica.net

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