Il discorso del Papa a “Popoli fratelli, Terra futura”

La conclusione con papa Francesco della due giorni "Popoli fratelli, Terra futura” che da 35 anni rinnova lo spirito di Assisi del meeting ideato da Giovanni Paolo II.

Lavorare per la pace e per la dignità di ogni persona, mettendo da parte l'indifferenza per i conflitti che sembrano lontani. Il Papa, insieme alle massime autorità religiose del mondo, è tornato a lanciare un forte appello per la pace nel mondo, per l'attenzione ai più fragili e anche alla terra depredata e ormai giunta quasi al limite.

Accanto al Pontefice ci sono Bartolomeo I per il mondo ortodosso, Justin Welby per i protestanti e il leader dell'Islam sunnita, il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, con il quale papa Francesco ad Abu Dhabi firmò il documento sulla Fratellanza umana.

IL TESTO DEL DISCORSO

Sul palco col Papa anche una donna che ha pagato l'odio e la guerra con il campo di concentramento, la scrittrice Edith Bruck.

"È la guerra a prendersi gioco della vita umana" ma "con la vita dei popoli e dei bambini non si può giocare. Non si può restare indifferenti", ha detto il Papa chiedendo con forza che "la vita dei popoli non si riduca a un gioco tra potenti. No, la vita dei popoli non è un gioco, è cosa seria e riguarda tutti; non si può lasciare in balia degli interessi di pochi o in preda a passioni settarie e nazionaliste".

Papa Francesco ha invitato i rappresentanti delle fedi ad "aiutare a estirpare dai cuori l'odio e condannare ogni forma di violenza. Con parole chiare incoraggiamo a questo: a deporre le armi, a ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, a convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita. Non siano parole vuote, ma richieste insistenti che eleviamo per il bene dei nostri fratelli, contro la guerra e la morte, in nome di Colui che è pace e vita. Meno armi e più cibo, meno ipocrisia e più trasparenza, più vaccini distribuiti equamente e meno fucili venduti sprovvedutamente".

"Qui oggi, insieme, sogniamo popoli fratelli e una terra futura. Lo diciamo avendo alle spalle il Colosseo. Questo anfiteatro, in un lontano passato, fu luogo di brutali divertimenti di massa: combattimenti tra uomini o tra uomini e bestie. Uno spettacolo fratricida, un gioco mortale fatto con la vita di molti", ha detto il Papa. "Ma anche oggi si assiste alla violenza e alla guerra, al fratello che uccide il fratello quasi fosse un gioco guardato a distanza, indifferenti e convinti che mai ci toccherà. Il dolore degli altri non mette fretta. E nemmeno quello dei caduti, dei migranti, dei bambini intrappolati nelle guerre, privati della spensieratezza di un'infanzia di giochi. Ma con la vita dei popoli e dei bambini non si può giocare. Non si può restare indifferenti. Occorre, al contrario, entrare in empatia e riconoscere la comune umanità a cui apparteniamo, con le sue fatiche, le sue lotte e le sue fragilità", ha proseguito il Pontefice. "Pensare: "Tutto questo mi tocca, sarebbe potuto accadere anche qui, anche a me". Oggi, nella società globalizzata che spettacolarizza il dolore ma non lo compatisce, abbiamo bisogno di "costruire compassione". Di sentire l'altro, di fare proprie le sue sofferenze, di riconoscerne il volto".

"Questo è il vero coraggio, il coraggio della compassione, che fa andare oltre il quieto vivere, oltre il non mi riguarda e il non mi appartiene", ha detto ancora Bergoglio. "Per non lasciare che la vita dei popoli si riduca a un gioco tra potenti. No, la vita dei popoli non è un gioco, è cosa seria e riguarda tutti; non si può lasciare in balia degli interessi di pochi o in preda a passioni settarie e nazionaliste. È la guerra a prendersi gioco della vita umana. È la violenza, è il tragico e sempre prolifico commercio delle armi, che si muove spesso nell'ombra, alimentato da fiumi di denaro sotterranei. Voglio ribadire che la guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Dobbiamo smettere di accettarla con lo sguardo distaccato della cronaca e sforzarci di vederla con gli occhi dei popoli".

L'appello del Pontefice ai leader politici è per il disarmo materiale, quello ai leader spirituali è al 'disarmo dei cuori': "Con parole chiare incoraggiamo a questo, a deporre le armi, a ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, a convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita. Meno armi e più cibo, meno ipocrisia e più trasparenza, più vaccini distribuiti equamente e meno fucili venduti sprovvedutamente". E ai fratelli di fede diversa chiede: "In nome della pace disinneschiamo, vi prego, in ogni tradizione religiosa, la tentazione fondamentalista, ogni insinuazione a fare del fratello un nemico".

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