Abitare il territorio (di Marvi Maggio)

Convenzioni, istituzioni, media negli ultimi anni hanno spesso utilizzato la parola partecipazione a proposito della trasformazione dei territori. In realtà nelle pratiche a cui si allude si affrontano soltanto temi generici e quasi sempre il numero di persone coinvolte è irrisorio. Il diritto alla città e all’abitare viene di fatto oscurato per proteggere la presunta irrinunciabilità dello sviluppo economico. Per questo c’è bisogno di avviare percorsi di ri-territorializzazione (alcuni parlano di bio-regionalismo urbano), e nello stesso tempo, perché questo possa avvenire, è necessario modificare i processi decisionali con forme di democrazia partecipativa attivata da esperienze di carattere autogestito, come del resto già avviene in diversi movimenti urbani autonomi. Alla partecipazione come capacità delle comunità territoriali di ampliare i confini del possibile e come pratica di appropriazione del tempo e dello spazio è dedicato Conoscenza, partecipazione e libertà, ebook – scaricabile gratuitamente – scritto da Marvi Maggio ed edito da perUnaltracittà. Di seguito un paragrafo.
Nuovo Cinema Palazzo, Roma
Gli abitanti e i cittadini attivi che, singolarmente o riuniti in associazioni, comitati, movimenti, rivendicano il diritto di contribuire alle decisioni riguadanti il territorio in cui vivono per salvaguardare il patrimonio territoriale come bene comune, esprimono una domanda di nuove forme di democrazia partecipativa, strutturali e non contingenti, e pongono la questione del rovesciamento della radice stessa dei problemi territoriali che mettono al centro della loro iniziativa. Ciò che appare come un evento locale distruttivo è il prodotto di logiche di sviluppo economico fondate sulla produzione di profitto e di politiche di governo i cui processi totali si muovono a scale territoriali la cui estensione si può articolare dal locale al globale. Ci si deve quindi chiedere quali siano gli elementi costitutivi e strutturali che connotano l’organizzazione e il funzionamento dei territori, quali siano le logiche della loro produzione e riproduzione. Non si modifica il prodotto senza modificare le cause, non si elimina il sintomo senza sconfiggere la malattia, non si trasforma l’oggetto senza trasformare il processo che lo ha prodotto e lo produce incessantemente. Gli abitanti a cui ci riferiamo interpretano il patrimonio territoriale come bene comune di cui difendono il valore d’uso e di esistenza (Magnaghi, 1998, 2014). In questa loro veste si differenziano e si contrappongono ai portatori di interessi economici di investimento finanziario e immobiliare e alle politiche neo-liberiste. Il valore d’uso si riferisce alla molteplicità degli utilizzi come risorsa del bene, mentre il valore di esistenza si riferisce al suo valore assoluto, per il solo fatto di esistere: l’utilizzo che se ne fa deve consentirne e garantirne la riproduzione. Il concetto di bene comune richiama la proprietà comune dell’intera collettività del bene, non riducibile né alla logica privata né alla logica pubblica, e il diritto di fruirne da parte di tutti.
Foto di Per un’altra città
Le tecniche di partecipazione pubblica si stanno diffondendo ma non rispodono automaticamente alle questioni poste dai comitati e abitanti a cui facciamo riferimento (Maggio, 2020b). Le norme comunitarie come la Convenzione di Aarhus del 1998 e ratificata nel 2001, la valutazione su piani e programmi, la convenzione sul paesaggio, hanno reso obbligatoria la partecipazione della popolazione per le decisioni che riguardano ambiente, territorio, paesaggio, producendo corrispondenti normative regionali e statali e la nascita di numerose attuazioni. Le ragioni sociali e ambientali hanno in potenza un nuovo sostegno, in un contesto in cui le ragioni economiche dello sviluppo finalizzato alla produzione di profitto, trovano già da tempo fondamento in norme neoliberiste stratificate e rinnovate nel tempo e nella capacità di attivare potenti lobby. Tuttavia, per attutire la temuta portata sociale innovativa dei disposti normativi, sono proliferate tecniche partecipative congegnate per ottemperare alle norme guardando in primo luogo all’immagine e non a rendere effettiva la partecipazione degli abitanti. Le tecniche di partecipazione pubblica alle decisioni riguardanti le trasformazioni del territorio sono diventate sempre più tecnocratiche e formali invece che sostanziali (INU, 2014). In una logica efficentista servono per discutere e arrivare a dei risultati rapidi condensati in percentuali e grafici: non importa che vengano affrontati temi generici e al massimo si tratti di obiettivi invece che di scelte e decisioni, né il fatto che intervenga un numero irrisorio di persone o che i temi più spinosi siano esclusi dalla discussione. In queste pratiche appaiono chiare le contraddizioni insite nella partecipazione degli abitanti attuata dalle amministrazioni pubbliche. Continua su: https://comune-info.net/abitare-il-territorio/
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