La DAD fa danni solo se non funziona?

Continuano le polemiche tra fautori e detrattori della DaD, accolta all’inizio del lockdown come l’ancora di salvezza della scuola italiana, e poi progressivamente entrata nel mirino di noti intellettuali (ultimo lo storico Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera di sabato 5 dicembre), dei sindacati e di movimenti come ‘Priorità alla scuola’ che considerano la didattica in presenza unica e insostituibile.

E chi lo mette in dubbio? Il problema è quale didattica si fa a scuola e quale si fa quando non ci si può andare, come è quasi sempre stato da marzo a oggi  ( https://www.tuttoscuola.com/ ). 

Dalle scuole giungono notizie contrastanti: dove la DaD ha funzionato bene i risultati vengono considerati ottimi, come risulta anche dalle testimonianze raccolte da Tuttoscuola e da Indire. Esempi concreti si ritrovano nell’ebook “Verso la Didattica Digitale Integrata: cosa abbiamo imparato, cosa dobbiamo imparare” di Tiziana Rossi e Luca Dordit.

In molti casi però non è stato materialmente possibile attivare la DaD, come è stato rilevato dallo stesso Ministero dell’istruzione. Secondo uno studio realizzato dalla Fondazione Di Vittorio e dalla Flc Cgil con la collaborazione delle Università di Roma La Sapienza e di Teramo, solo meno di un terzo degli insegnanti del primo ciclo ha potuto raggiungere l’intera classe con le lezioni da casa. 
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