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Progetto Lucani: non un mattone sulla nostra comunità

da Dinamopress.


Noi, la comunità di Communia, siamo su via dello Scalo San Lorenzo da otto anni ormai. Da molto prima che il femminicidio di Desirée Mariottini portasse l’area dei Lucani all’attenzione di istituzioni, politica, organi d’informazione e arrivisti di vario genere, lanciatisi in modo rapace su un’area che fino a poco prima era abbandonata a se stessa e avvolta dal disinteresse totale. In quei mesi, in quegli anni in cui volavano le lamiere dai tetti dei baraccati, crollavano muri e l’area diventava un punto di concentrazione di un mix di marginalità sociale, disperazione e criminalità, nessuno ha manifestato alcun interesse.

Né i proprietari di quelle baracche, vergognosamente colpevoli della situazione creatasi, che non hanno mai provveduto a mettere un singolo chiodo, una singola asse, un singolo mattone, per garantire la minima sicurezza. Né le istituzioni comunali e municipali, che hanno giocato al rimpiattino scaricandosi vicendevolmente le responsabilità mentre l’area diventava ogni giorno più pericolosa, pericolante, invivibile. Né hanno mostrato alcun interesse tutti coloro che nel momento in cui hanno fiutato l’occasione di visibilità rappresentata dall’area e dalla sua tragica storia recente, sono corsi a far proposte, intestarsi meriti, ergersi a sommi difensori della cittadinanza dai pericoli del “degrado”. Salvo farlo mano nella mano proprio con i proprietari della zona che di quel “degrado” sono i consapevoli responsabili.

Noi abbiamo preferito rispondere concretamente all’abbandono dell’area, con la nostra occupazione e le nostre iniziative, piuttosto che elemosinare clemenza da proprietari irresponsabili, costruttori rapaci e avvocati imbonitori. Abbiamo preferito rispondere con autogestione, solidarietà e comunità per indole, ma anche per la profonda consapevolezza di quale fosse il gioco nel quale ci trovavamo. Già tre anni fa, mesi prima dei tragici fatti avvenuti nella zona, avevamo infatti ben chiaro che l’abbandono e la latitanza dei proprietari non fossero casuali, ma funzionali a spianare la strada ad un progetto speculativo che, in combinazione con quello che da lì a breve si sarebbe concretizzato nell’adiacente ex Dogana, avrebbe cambiato per sempre il volto dell’area e di un intero quadrante della città. Creare insicurezza e degrado per far sì che la cittadinanza esasperata accetti qualsiasi ipotesi, anche la più squallida delle speculazioni, pur di non rimanere con baracche fatiscenti e crollanti.

A tre anni di distanza, i fatti recenti ci confermano che avevamo ragione. Il Comune di Roma ha infatti lanciato più d’un anno fa un percorso di rigenerazione dell’area con precisi parametri che prevedevano spazi verdi e servizi per la cittadinanza.

Un percorso che passasse anche dal confronto con il territorio e dalla partecipazione. Noi, insieme a molte altre associazioni e cittadini/e, abbiamo partecipato al percorso di progettazione partecipata della Libera Repubblica di San Lorenzo. Per mesi, decine di cittadini/e, associazioni, artigiani dell’area, professionisti ed esperti del settore, hanno discusso, immaginato, disegnato, espresso i propri bisogni e i propri desideri. Decine d’incontri pubblici e pubblicizzati, aperti al quartiere. Quel che ne è venuto fuori è stato un progetto splendido, un’inversione di marcia determinata rispetto all’idea che San Lorenzo sia la “gallina dalle uova d’oro” del mattone, dei mini-loft, della speculazione.
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