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L’Esquilino, tra decoro, diffide e diritto alla città

da: : https://www.lavoroculturale.org Autore: Vincenzo Carbone È sempre difficile riflettere e discutere sulla città, sulle porzioni dell’urbano, dei panorami sociali e delle vite che li abitano, sulle forme plurali assunte dalle infinite epifanie della crisi delle società neoliberali, caratterizzate dalla contrazione degli investimenti pubblici e dal ritiro nel governo degli interventi urbanistici e sociali. Le misure adottate finora per affrontare la crisi pandemica hanno riconfigurato profondamente mobilità e socialità, tempi e spazi di ogni sfera di vita, anche per l’esplosione del lavoro digitale. Coinvolgendo in modo diversificato settori economici e categorie sociali, gli effetti del Covid-19 si sono abbattuti ovunque; a Roma, soprattutto, sulla filiera del turismo e del commercio. Molte figure, anche di ceto medio e alto, sono state trascinate dai processi di impoverimento. Aumenta il divario sociale: il risparmio privato e delle imprese tende a crescere, con l’incremento per estensione e profondità della fragilizzazione degli strati meno protetti e “ristorati”. Confermata dagli asettici dati della Banca d’Italia, del Cnel, ddell’Istat, del Censis-Confcooperative e di Asvis, così come da quelli, più densi, provenienti da enti di terzo settore come Msf, Caritas, Intersos, ActionAid e dalle organizzazioni che operano nell’intervento di strada di primo aiuto (salute, cibo, vestiario, ricovero) e di secondo livello (accoglienza in strutture e presa in carico personalizzate). Ai tempi del Covid, all’Esquilino, il crollo dell’economia del consumo di esperienze della città culturale, e tutto l’esteso indotto, ha messo in crisi l’intero sistema basato sull’estrattivismo turistico, compromettendone l’industria, la connessa rendita immobiliare e finanziaria, travolgendo persino quelle forme molecolari di imprese familiari – grigie e informali, migranti ed autoctone – dei servizi turistici (Airbnb, B&B). Nella città globale dei flussi, l’esposizione alla fragilità ha coinvolto, drammaticamente, soprattutto le famiglie – giovani, bianche e colorate – dei lavoratori precari. Quelli delle 5P: negli impieghi poveri, pericolosi, poco remunerati, poco dignitosi e tutelati. La componente residente, in prevalenza proprietaria, dei Professionals, dei colletti bianchi delle burocrazie e dei pensionati affluenti ha, invece, subìto ingiurie di natura prevalentemente psicosociale: l’insicurezza sanitaria si è associata all’effetto di mutilazione relazionale e simbolica, per la ridotta agibilità del tempo e dello spazio, per la brusca frizione al movimento che impedisce l’accesso, normale, ai consumi di status, ma anche per la percezione distorta della insicurezza e per le visioni estetizzanti dell’ambiente e della sua cura che ne sono conseguite. Segue su: https://www.lavoroculturale.org
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