A Roma periferie cruciali

Al Quarticciolo, dove 5-6mila persone vivono in case popolari, i problemi restano spaccio e abbandono scolastico. Eppure c’è chi prova a disegnare un futuro.
«Uno degli aspetti che caratterizza questa borgata è l’assenza di mobilità sociale: se nasci nel #Quarticciolo è probabile che ci rimarrai. Succede a molti dei ragazzi che vivono qui. Quello che vorremmo fare, è rompere questo destino apparentemente immutabile». A parlare è Alessia, membro del comitato di quartiere #Redlab, un presidio di solidarietà e resistenza che da anni si batte per costruire una comunità attiva in un piccolo spazio urbano della #Capitale. Stretto tra #Centocelle#TorTreTeste e #BorgataAlessandrino, alla periferia est di #Roma, il Quarticciolo è un agglomerato composto esclusivamente da case popolari, la maggior parte occupate da decenni.

Una 'città nella città' in cui vivono 5-6mila persone, fatta costruire dal Duce per il programma delle borgate ufficiali a vantaggio delle famiglie numerose. Come in molte altre zone simili di Roma lo spaccio non manca, #cocaina soprattutto, così come il degrado abitativo. La dispersione scolastica è alta, d'altronde – è il ragionamento di uno dei ragazzi che ci vive – «perché devo andare a studiare o a lavorare se posso guadagnare di più, in meno tempo?».

Una situazione che dilaga in tutte le periferie della Capitale: secondo la #Caritas il tasso di dispersione negli ultimi quattro anni scolastici ha registrato un aumento del 19,6%, con un numero di casi di abbandoni pari a 2.442 bambini e ragazzi dall’anno scolastico 2015-2016 al 2018-2019. Ciononostante il quartiere rifiuta la narrazione pietistica proposta molto spesso dai media e per chi vuole qui c’è vita e cultura, anche se il Covid ha fermato un po’ tutto: la biblioteca, il teatro di quartiere e molte altre iniziative.

Le palazzine cadono a pezzi, ma una casa serve a tutti e ormai si occupano anche gli scantinati. Si tratta di strutture costruite negli anni Quaranta e in molti casi rimaste prive di manutenzione. Dovrebbe occuparsene l’Ater ma così non è. Una porta murata nasconde la storia di riscatto dietro al comitato di quartiere e l’inizio di una lotta per ottenere diritti altrimenti negati. Articolo completo su Avvenire

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